Dal punto di vista religioso, fin da subito, la presenza di emigrati cattolici in paesi a maggioranza protestante e la possibilità di preservare la loro fede è l’aspetto che più preoccupa la Santa Sede che, tramite il Sant’Uffizio e Propaganda fide, analizza la realtà dei mercanti italiani residenti in Germania nel 1623 e chiede loro di lasciare il paese luterano. Dinanzi al rifiuto dei mercanti di abbandonare una piazza importante per i commerci in Europa, si rassicura Roma circa la possibilità di trovare in loco una certa assistenza La Santa Sede subisce il fatto che non si può impedire la mobilità umana.

La prima risposta della Chiesa – da Pio IX a Benedetto XIV, passando per Leone XIII e Pio X – al fenomeno migratorio, considerato come un male, è di garantire un’assistenza stabile ai migranti, di cui quasi due terzi abbandonano la fede cattolica per mancanza di Si invia clero della stessa nazionalità, per promuovere il rispetto della cultura e delle tradizioni religiose del migrante nei diversi paesi di destinazione.

In realtà, la Chiesa cattolica, sulla scia degli Stati nazionali, stenta inizialmente a capire veramente la rilevanza del nuovo fenomeno perché influenzata da una visione emergenziale del problema, secondo la quale i migranti sono gli inevitabili incidenti di percorso verso l’inarrestabile marcia del progresso che, a regime, rimuoverà le principali cause di migrazione. Tale visione viene inevitabilmente smentita dalla storia sia per gli Stati nazionali che per la stessa Chiesa.

Ma la storia, maestra di vita, sembra non insegnare nulla, ieri e oggi.

Migranti e diversità. I migranti portano con sé una doppia diversità problematica per chi li incontra: sono stranieri e poveri. Considerato che la ricchezza ha la capacità di “sbiancare” anche i colori più vividiànon ci fanno problemi i ricchi americani o giapponesi, anche se neri o gialli, o gli arricchiti dittatori africani “neri” che pernottano negli hotel di lusso delle metropoli europee, o gli olivastri arabi stracolmi di petroldollari anche se musulmani… che accogliamo volentieri come espressioni di mobilità arricchente… non è la diversità in sé che turba le società di “accoglienza”, ma la povertà di stranieri che etichettiamo come “extracomunitari” (che vale ancora per i rumeni e non per i canadesi) in modo da distinguerli da noi e “immigrati” portatori di problemi: in questo senso il termine “immigrati” contiene un significato svalutativo e minaccioso che diventa ancor più pericoloso se li chiamiamo “clandestini”.