Il rapporto Idos, presentato a Roma, evidenzia una ripresa delle partenze dopo lo stop imposto dal Covid. Si migra sempre per motivi economici, ma anche per questioni legate ai cambiamenti climatici
Sempre più migranti a livello mondiale, soprattutto per motivi economici. Secondo le stime Onu al 2024, i migranti internazionali sono 304 milioni, pari al 3,7% della popolazione mondiale, quasi il doppio di trent’anni fa. La principale meta è l’Europa (con oltre 100 milioni), seguita da Asia (85 milioni) e Nord America (79 milioni). L’Italia non fa eccezione. In continuità con la fase post-pandemica e la riapertura dei canali migratori, la presenza straniera ha continuato a crescere, toccando i 5.422.426 residenti (+169mila in un anno), pari al 9,2% della popolazione totale. È quanto emerge dall’ultimo rapporto Idos presentato oggi a Roma.
Crescono i migranti economici, ma 10 milioni quelli climatici
Il rapporto mette in luce che nel Nord del mondo vive il 16,9% della popolazione globale, ma si concentra il 44,0% della ricchezza; nel Sud risiede il restante 83,1% dell’umanità, con 15.800 dollari di reddito medio annuo contro i 62.800 del Nord. Questa frattura spinge milioni di persone a cercare altrove opportunità e dignità. Un ruolo compensativo lo svolgono le rimesse: nel 2024 hanno raggiunto 685 miliardi di dollari quelle inviate verso Paesi a basso e medio reddito (dall’Italia 8,3 miliardi di euro). A fine anno si contano, inoltre, quasi 10 milioni di sfollati climatici, registrati a parte e privi di tutele ufficiali. Questo, nonostante una importante sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Onu abbia riconosciuto il principio di non refoulement per chi subisce “impatti sproporzionati” della crisi climatica.
In Europa record di respingimenti e rimpatri
Per il rapporto, “l’Europa vive un paradosso: ha bisogno di giovani e di manodopera (ben tre quarti delle imprese faticano a trovare lavoratori), ma pratica respingimenti, esternalizzazioni, detenzioni alle frontiere. Subisce il trumpismo americano, ma ne richiama i metodi, istituzionalizzando l’esclusione con meno clamore, ma con analoga durezza”. Nel 2024 gli attraversamenti irregolari verso l’Ue sono stati 240.021, in calo rispetto al 2023 (-37,1%) ma ancora quasi il doppio dei livelli pre-pandemici. Le rotte più “trafficate” restano il Mediterraneo centrale (27,9%) e quello orientale (29,1%), mentre crescono i flussi verso le Canarie e lungo i confini orientali con Bielorussia e Russia. Per Idos, nei primi sei mesi del 2025, gli attraversamenti si sono ridotti a 75.867, ma il calo riflette più l’irrigidimento dei controlli e gli accordi di contenimento che una reale diminuzione delle cause di fuga.
Quasi un milione le richieste di protezione internazionale in Europa
L’Europa dunque rimane un punto di approdo importante. Nel 2024 l’Ue ha ricevuto 997.815 richieste di protezione internazionale (di cui 83.425 reiterate). Da notare che il numero complessivo di rifugiati e richiedenti asilo residenti ha superato gli 8,9 milioni, pari al 2,0% della popolazione dell’Unione. Per Idos, però le 437.910 protezioni concesse (di cui 387.645 in prima istanza e 50.265 in appello) nascondono forti squilibri che mettono in discussione l’equità del Sistema europeo comune di asilo (Ceas). Ad esempio, oltre il 75% delle domande si concentra in pochi Paesi (Germania 250.615, Spagna 166.175, Italia 158.605 e Francia 157.945), mentre Stati come Malta, Lituania, Slovacchia o Ungheria ne registrano meno di 1.000 ciascuno. Quanto al rapporto tra rifugiati/richiedenti asilo e popolazione residente, spiccano invece Cipro 7,5%, Germania 3,7%, Repubblica Ceca 3,6%, Austria 3,4%. Anche i tassi di riconoscimento sono estremamente disomogenei: si va dal 95,7% dell’Estonia all’1,0% del Portogallo, passando per l’Italia (35,9%) e la Germania (53,4%). Di fatto, il destino di una domanda dipende anche dal Paese in cui viene presentata. Secondo Idos si tratta di una vera e propria “lotteria migratoria”, dove a contare è la geografia oltre che il diritto.
In Italia il 9,2% della popolazione è migrante
In Italia, le migrazioni, dopo la stasi dovuta al Covid, sono riprese. Gli stranieri regolarmente residenti sono 5.422.426 residenti (+169mila in un anno), pari al 9,2% della popolazione totale. E in linea col biennio precedente, crescono le iscrizioni in anagrafe per trasferimento dall’estero. Dei 370mila nati in Italia nel 2024, dato che segna il nuovo minimo storico del Paese, il 13,5% è figlio di genitori stranieri (poco meno di 50mila) e il 7,8% di coppie miste. Tuttavia, anche tra gli stranieri le nascite sono in calo, in linea con la natalità complessiva, mentre le acquisizioni di cittadinanza italiana si mantengono alte (217.177 sempre secondo i dati provvisori). I non comunitari titolari di permesso di soggiorno salgono a 3.810.741 (+203.581 sul 2023). La maggioranza è in Italia da più di 5 anni e possiede un permesso a tempo indeterminato (52,8%); tra i titoli a termine (47,2%) primeggiano i motivi di famiglia (37,0%), cui seguono i motivi di lavoro (27,4%) e di protezione (26,9%, di cui un terzo per protezione temporanea e poco meno per richiesta di asilo).
Idos: l’Italia valorizza ancora poco i migranti
Per Luca Di Sciullo, presidente Idos, “l’Europa si sta sempre più chiudendo in se stessa, e tenta di delegare ad altri la gestione del fenomeno migratorio, vedi la creazione di un centro in Albania”. La maggior parte degli italiani, inoltre, vedono “l’immigrazione solo attraverso caricature grottesche. Si tratta di situazioni create ad arte da furbi manipolatori che, alle nostre spalle, agitano figure di migranti quanto più distorte e dissimili a noi. Così essi diventano bersagli della rabbia collettiva per mali endemici dell’Italia mai risolti. Alcuni assiomi: ‘Ci rubano il lavoro’, ‘Non pagano le tasse e vivono alle nostre spalle’, ‘Portano malattie e delinquenza’, nonostante siano da anni smentite dai fatti e dai numeri, continuano ad alimentare un’immigrazione immaginaria, lontana dalla realtà”. Troppo spesso, è la triste conclusione, “i migranti sono sfruttati sui posti di lavoro, ma invece sono fondamentali per il funzionamento di imprese e famiglie”.