L’auspicio del comboniano, da diversi anni in Brasile, è che l’esperienza del Giubileo rinnovi la missione, depurandola dalle tracce di colonizzazione, e promuova opzioni ecclesiali concrete per la trasformazione delle società. Ispirati dal principio di sinodalità, sottolinea, bisogna ripensare modelli economici e relazionali o recuperare quelli già esistenti ma soffocati dai nazionalismi: “Sono in crisi la pace, l’uguaglianza, i diritti, l’ambiente. Ma un altro mondo è possibile”
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Guardare al mondo come volto plurale, interconnesso, che non può chiudersi nel negazionismo o nel nazionalismo, sia politicamente che spiritualmente. È questo il presupposto a cui deve ispirarsi il senso della missione oggi. Ne è convinto padre Dario Bossi, coordinatore provinciale dei Comboniani in Brasile, che con i media vaticani torna alla radice dell’esperienza giubilare, torna agli input generati dal cammino sinodale, offre la chiave per interpretare le crisi belliche che stiamo vivendo, esprime i suoi auspici sulla Cop30 in programma il mese prossimo a Belem.
La missione è abbracciare il mondo e guardarlo con umiltà
Dal Brasile, dove vive da una quindicina d’anni, padre Dario parla con un’umiltà tangibile a migliaia di chilometri di distanza. Catapultato dal varesotto, dove è nato cinquant’anni fa, nella periferia di San Paolo, ha operato per dieci anni nello stato del Maranhão, dove ha preso a cuore la causa delle comunità colpite dalle violazioni socio-ambientali causate dal ciclo minerario e siderurgico, nell’ambito del progetto Grande Carajás, della multinazionale brasiliana Vale S.A. C’è una vita prima dell’essere missionario e un’altra dopo, perché mettendo la propria esistenza nelle mani della missione, osserva, se ne esce “completamente cambiati”. La missione per lui è “la capacità di abbracciare il mondo con le sue sfide e le sue aspettative, nella convinzione che siamo un’unica famiglia e un unico corpo con Madre Terra, un unico sistema complesso che vive e cerca di offrire una vita di qualità a tutti. In questo abbraccio è importante rispettare, accogliere e valorizzare le differenze, e raggiungerle non dall’alto in basso – precisa -, ma con i criteri evangelici dal basso verso l’alto, con l’umiltà di chi ascolta, avendo anche valori profondi da condividere, ma senza imporli, e al contrario proponendoli da segni concreti di speranza”.